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Posts Tagged ‘Francesco Rutelli’

Avrei voluto scrivere riflessioni più approfondite sul tracollo elettorale della sinistra. Una situazione lavorativa caotica è la scusa che mi sono dato per non sistematizzare l’amarezza che mi porto dentro, parzialmente anestetizzata dalla distanza geografica, ma tuttora fortissima.

Nel frattempo però, si è consumata anche la bruciante sconfitta delle amministrative romane. Adesso, parafrasando una canzone di Luis Eduardo Aute assai nota qui in Spagna, “dopo la notte, verrà la notte più lunga”. Adesso il capolavoro di macerie approntato con strabiliante rapidità da questo centrosinistra nuovo e moderno, insipido e flaccido, è completo. Roma sarà governata dall’ex missino Gianni Alemanno. E di fronte all’esito delle provinciali, che hanno visto imporsi il “diessino” – mi tocca virgolettarlo – Zingaretti, non può che crescere l’insofferenza verso i grossi calibri del PD. Per quanto mi riguarda, non resta in piedi neppure quella conciliante mezza verità, che per tanto tempo ci ha consolato, secondo la quale gli italiani preferiscono farsi governare dalle destre ma amministrare dalle sinistre. Provincia o no,  non vedo nessun risarcimento locale, per quanto sommario, alla catastrofe delle politiche: il risultato della città oscura inevitabilmente quello della provincia.  

E mentre molti, ora,  festeggiano col saluto romano, si ridimensiona inevitabilmente anche la portata del cosiddetto suicidio politico di Alleanza Nazionale che se da un lato si è lasciata allegramente cannibalizzare dal PdL, dall’altro ottiene ora un risultato dalle fortissime implicazioni simboliche. Dal canto suo Berlusconi, forte della perfetta riuscita di quel trucco da prestigiatore che è proprio il PdL, gongola e ne approfitta per ricordarci che in nessuna delle grandi democrazie c’è un distacco così accentuato fra maggioranza e opposizione. Poche storie, hanno fatto saltare il banco, e a nulla serve precisare che la nostra Democrazia è in realtà assai deboluccia e guardata con sospetto dall’Europa tutta. Questi sono i fatti: la gente li vuole votare.

O forse, e qui sta parte dell’atroce verità, non vuole votare quegli altri, e i sessantamila voti di differenza fra Zingaretti e Rutelli nel solo territorio cittadino legittimerebbero questa conclusione. Rutelli è stato due volte sindaco, d’accordo, conosceva già a menadito il Campidoglio e l’ubicazione delle macchinette del caffé: si è pensato di ricandidarlo, credendo che i due mandati precedenti costituissero un viatico più che sufficiente; la valutazione si è rivelata grossolanamente errata. Il bel Francesco, indimenticato protagonista della calata di braghe che nel 2001 consegnò l’Italia a Berlusconi per un interminabile quinquennio, è riuscito nell’ardua impresa di farsi rimontare. A questo punto mi chiedo: perchè questa insana passione per le minestre riscaldate? Non si poteva concludere che Rutelli, in un modo o nell’altro, a Roma città aveva già dato? Non si poteva avanzare una candidatura vergine? Ebbene, sembra di no. Mi pare lo specchio fedele di un centrosinistra che negli ultimi dieci anni ha febbrilmente cambiato denominazioni e smorzato contenuti senza cambiare di una virgola gli organigrammi. E le sconfitte sembrano non avere nemmeno l’utile effetto collaterale di spedire a casa chi le ha prodotte: per Rutelli c’è già pronto uno scranno al Senato in veste di capolista in Umbria. Temeva forse la disoccupazione? 

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