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Posts Tagged ‘gestione del tempo’

E fino a quel momento, tutto più meno a posto: normale, scialbo, se vuoi, avevo più o meno intuito che mi sarebbe mancata la voglia di rivederlo, ma non che questo presentimento mi spingesse a uscire di corsa dal bar lasciandogli i caffè da pagare. Parlavamo del più e del meno, e in quelle circostanze, a volte, è già un risultato fantastico, no? Sorridevo, credo piuttosto normalmente, senza stare a farmi tremila pare su come lui avrebbe potuto eventualmente interpretare questa cosa. Ma forse anche io sto dando per scontato che in fondo gli piacessi. Sì, scusa, un po’ arrogante. Forse sorridevo anche con una punta di sarcasmo, perché a un certo punto ho pensato che si può chattare anche un mese tutti i giorni, poi basta un’oretta di faccia a faccia per capire che no, non è il caso. No, no, sempre correttissimo, e comunque no, non abbiamo chattato un mese, tipo una settimana, poi mi ha chiesto di uscire e, boh, forse a volte c’è pure la speranza di una sorpresa, di poter tornare a casa con un sorrisetto scemo stampato in faccia, e la scritta luminosa “non me l’aspettavo” che lampeggia in testa.
Fatto sta che dopo avere parlato di robe un po’ a caso, tipo il master che ha finito cinque anni fa o quella volta che ha partecipato alla maratona di Roma per una scommessa persa, mi tira fuori quella frase. Come gestire il tempo, come fare un po’ di tutto, “otto ore di lavoro, otto ore di svago, otto ore per dormire”.
Io allora gli dico: “È uno slogan del movimento operaio. Della seconda metà dell’ottocento. All’origine della festa del primo maggio.”. E lui: “Ah”.
Un attimo di silenzio, passa la tipica balla di fieno rotolante, e leggo nei suoi occhi un’ombra di stupore inspiegabile. Poi abbassa lo sguardo, mentre io penso “E questa che reazione sarebbe?”, e, per mettere le cose in chiaro, mi dice: “È comunque una frase valida, no?”. E forse, non so, gli è solo venuta male, ma tutto quello che diciamo può essere usato contro di noi, anche da prima che esistesse Facebook, e io quella frase come vuoi che l’abbia presa? Mi ha fatto scendere una catena… “Comunque”.
E a ogni parola che aggiungeva, si scavava la fossa, non davanti a me, che alla fine sai che gliene fregherà, Tinder è pieno di gente, ma proprio davanti alla Storia, scusa l’iperbole. Infatti ha aggiunto tipo: “comunque quel che conta è cercare la propria felicità”. E che si fottano gli altri, chiaramente, ma non mi è sembrato perfettamente consapevole delle implicazioni di questo principio. E la cosa peggiore è che pareva che gli dispiacesse sapere da dove veniva veramente quella frase, magari l’aveva letta su un libro di autoaiuto e credeva che fosse stata usata per la prima volta proprio sulla pagina in cui l’ha trovata, pronta per essere sottolineata con l’evidenziatore. No, non so se legge davvero quella robaccia, non gliel’ho chiesto, ma poi tornando verso casa ho pensato che forse anche io mi ero fatta dei gran viaggi, che abbiamo tutti dei pregiudizi che scattano come tagliole, ma no, non era una frase isolata, aveva aggiunto dettagli per convincermi che lo pensasse davvero, e ti assicuro che io stavo zitta, ha fatto tutto da solo…
Poi mi è pure venuto in mente che poco prima mi aveva detto che per arrivare in ufficio ci mette un’ora e rotti ad arrivare, al ritorno forse un po’ meno perché becca meno traffico. E quelle sono le otto ore che non sono né lavoro né riposo, quindi rimane un’unica opzione, e vabbè, dimmi te. No, non so se guidare lo rilassa, dici che in caso di risposta affermativa il mio discorso va in vacca? Ma scusa, tu che interesse hai a fare l’avvocato del diavolo così? Ah ah, si fa per parlare, dai, non te la prendere.
Comunque sì, è in quel momento che mi è venuta voglia di scappare, ma non potevo, perché era passata credo una mezz’oretta, e all’inizio, non mi ricordo le parole esatte, gli avevo detto una frase tipo che non avevo cose urgenti da fare quel giorno, il giorno dopo invece sì. E in fondo chi se ne frega, non avevo chissà quali apparenze da salvare, forse potevo alzarmi e buona notte, ma anche trattare la gente così di merda non va bene, anche se un po’ se lo meritano. No, cacchio, non perché credo al karma.
Poi però mi sa che se ne è accorto lo stesso, da come giravo il cucchiaino nella tazzina vuota, e dal fatto che stava parlando praticamente da solo, infatti ogni tanto mi chiedeva “Non sei d’accordo?”, “Non pensi anche tu?”, e io in effetti in quel momento non stavo pensando granché, potevo anche dirglielo “No, neanche io sto pensando”, ma era una risposta troppo stronza: mica potevo fare rappresaglia su di lui perché IO avevo sbagliato valutazione alla grande.
Sì, mi ha raccontato dell’altra roba a caso, che non mi ricordo com’è saltata fuori, che suo zio aveva fatto un programma in una radio locale a inizio anni ’80, questo era anche interessante, ma alla fine non era un grande oratore, no, infatti non mi ha nemmeno detto che musica metteva su, poi sì, anche una tirata su quella serie di Netflix che mi dicevi l’altro giorno che ti ha fatto schifo, e che anche Gianni e Francesca erano d’accordo: ecco, a lui, manco a farlo apposta, è piaciuta parecchio, e forse in quel momento ho sorriso di nuovo, perché mi è venuta in mente la faccia che avresti fatto al mio posto. Comunque sì, la cosa bella, tra virgolette, di questo tipo di situazioni, è che ogni tanto pensi che questa persona che magari non rivedrai ti ha fatto un’osservazione particolare, ti ha fatto vedere una prospettiva diversa, e forse questa cosa non basta per rivedersi, ma fa piacere, no? Ecco, lui magari ce l’ha fatta, anche se in un modo completamente sbagliato, non mi aspettavo quella risposta, ci sono rimasta male, ma in effetti è riuscito a mostrarmi un punto di vista diverso. E sì, hai ragione, è comunque riuscito a diventare una barzelletta… Un meme? da mostrare agli amici, e questo senza avere fatto nulla di plateale, su internet si trovano resoconti di appuntamenti Tinder che guarda… Ma forse gli americani non fanno testo, non lo so…
E poi comunque, pensaci: non è che forse abbiamo qualche problema di invidia noi? Credi davvero che l’incapacità di accontentarci che abbiamo sempre avuto sia qualcosa di positivo a prescindere? Ok, negli anni dell’università era una bandiera, come quella del sindacato studentesco, e le sventolavamo a giorni alterni. Nei momenti di scazzo penso che abbiamo fatto la nostra scimmiottatura di lotta più che altro per sentirci a posto con la coscienza, perché eravamo cresciuti con certi esempi, anche troppo mitizzati, e non potevamo mica stare con le mani in mano… Poi molti anni dopo arriva uno sconosciuto, che a diciotto o vent’anni non avrei potuto conoscere in quel modo lì, perché intanto sono cambiate varie cose, mi dice due frasi storte, due frasi vagamente qualunquiste, e mi scatta subito l’autodifesa, almeno mentalmente ho fatto subito le barricate e ci sono salita sopra.Alla fine ci fregano il tempo uguale, a me che a vent’anni facevo le occupazioni e che adesso vado a delle assemblee estemporanee e improvvisate quando magari non ho palestra, e a lui che si fa due ore di macchina al giorno e forse è pure contento così, e a vent’anni chissà che cazzo faceva. Tanto alla fine facciamo più o meno le stesse cose, le serie su Netflix, un po’ di esercizio per mantenerci in forma, ogni tanto un fine settimana da qualche parte con un volo Ryan… Gira e rigira siamo sempre lì. Solo che lui non capisce che gli stanno fregando il tempo… O non crede di capire chissà cosa come me, non so. Guarda poi che se stai zitto, io vado avanti un’altra mezz’ora, a tuo rischio e pericolo…
Eh sì, forse mi tocca vederla così, che alla fine il tempo sprecato di un appuntamento, tra un casino di virgolette, è uno dei pochi modi che abbiamo a disposizione per fare qualcosa che non sia finalizzato a qualcos’altro -no, nessun doppio senso- qualcosa che non debba essere per forza produttivo. Ho gettato un’oretta ai maiali, questa cosa non fa curriculum, figo! Ecco, il contrario di quello che mi dici che scrivono le tipe sui loro profili, che non sono mica lì a perdere il tempo. Poi sì, lo so anche io che in realtà vuol dire che non vogliono essere prese per il culo, quello neanche io, ovviamente.. Però sembra che stiano dicendo che il tempo è denaro, che il progetto di qua e il risultato di là, e forse non se ne rendono nemmeno conto. Ecco, scusa, ci risiamo da capo, non se ne esce.
Eh, forse è meglio se cominciamo a avviarci, ho quella consegna per dopodomani e forse riesco a lavorarci un paio d’ore dopo cena, anche se oggi non dovrei, perché non è ancora lunedì. Sì, e poi ho appena finito di lamentarmi di questa cosa. Ma mi sa che mi attacco al tram. Sì, sì, poi mi ha pure riscritto: educatissimo, su questo non possiamo dirgli niente, no, no, mi ha scritto ieri, il messaggio di prima era di Carla che mi chiedeva un consiglio su come tradurre uno scambio di battute da quel romanzo che sta facendo. E vabbè, cosa ho risposto? Al tipo, dici? Ci sto ancora pensando. Devo trovare le parole giuste per far cadere la conversazione con naturalezza. Indirizzarla. Un po’ ipocrita, ok, ma neanche il ghosting è una cosa della quale vantarsi in giro. Poi è più una roba da nativi digitali, no? O vogliamo proprio imitare i ventenni? Non facciamo finta di avere più tempo di quello che abbiamo. Ho gìa tipo quindici anni in meno da perdere di quelli al primo anno d’università. E ho solo otto ore  per lavorare, otto per dormire e otto per… Vabbè.

(scritto tra novembre e dicembre 2019)

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